Intorno a Banksy aleggia un’aura di mistero. C’è chi ipotizza sia un’entità collettiva o chi pensa si tratti di Robert Del Naja, il frontman dei Massive Attack. Nell’ambito della Street Art l’anonimato non è una novità: è una forma di difesa per sfuggire alle forze dell’ordine. Nel caso di Banksy, però, l’anonimato non è solo una necessità, ma rappresenta un valore aggiunto.
Quel che sappiamo è che probabilmente nasce a Bristol nel 1974 e inizia la sua carriera nei primi anni ’90 nell’ambito del Graffiti Writing. Nel 2000, l’artista si trasferisce a Londra, dove inizia a tappezzare la città avvalendosi della sua arma preferita: lo stencil. In particolar modo, invade la città con innumerevoli ratti, rifacendosi allo streetartist francese Bleck le rat. Oltre a raffigurare i celebri topi, Banksy comincia a prendere d’assalto i muri dei palazzi con delle scritte che imitano il linguaggio delle autorità, ma che in realtà propongono contenuti volti a sovvertire le regole e la cultura consumistica. Il suo scopo è quello di provocare e suscitare riflessioni.
La street art di Banksy è un’esplicita provocazione nei confronti del conformismo e del mercato dell’arte; tocca temi tanto attuali quanto perentori: la guerra, l’ambientalismo, la globalizzazione, il potere, la politica. Nei primi anni di attività, Banksy presenta i suoi stencil, così come stampe e opere su tela, in diversi spazi espositivi, iniziando dal suo paese d’origine.